Quantcast
Channel: natosottoilcavolo
Viewing all 221 articles
Browse latest View live

SparkleDay 2015 un successo!

$
0
0

Pubblico veramente numeroso, sabato 22 novembre, per la scintillante edizione 2015 di Sparkle Day l’evento che premia le migliori bollicine italiane e in questa occasione la Guida Sparkle che le contiene: sia in accurata descrizione olfattiva, sia nelle immagini delle etichette, con facilitata descrizione per regioni, devo dire di semplice lettura anche per profani. 
Non ero mai entrata nell'Hotel Excelsior pur essendo vissuta per i primi 5 anni della mia vita a Villa Medici. E già...non è da tutti ma io avevo casa lì all'interno della Villa, mio nonno era l'autista del Direttore dell'Accademia di Francia e come tale aveva diritto alla casa all'interno di Villa Medici. Per cui per noi Via Veneto era "sotto casa"! Passata mille volte nella storica via, ho sempre guardato con timore reverenziale questo antico edificio così maestoso e luccicante. Le sale del primo piano dell’Hotel  sono state riservate alla manifestazione e tanto mè bastato per ammirare la grandezza di questa location. Il pubblico era numeroso e proveniente da tutta Italia: appassioni e attenti conoscitori quanto curiosi e amanti delle bollicine d'élite.
Il curatore della Guida Sparkle, Francesco D'Agostino, Direttore della rivista Cucina & Vini, ha dichiarato la sua grande soddisfazione per aver constatato e toccato con mano che la consapevolezza delle persone intervenute, è stata di alta qualità. Hanno voluto conoscere i produttori, sono entrati nella loro attività per conoscere terra, uve, clima, difficoltà e successi. La consapevolezza è cambiata il consumatore non si accontenta più di assaggiare e basta la sua evoluzione è palese ed è senz'altro uno stimolo in più per i produttori a dare il meglio ogni anno.
Ma partiamo dall'inizio. Sabato 22 sono state assegnate le 5 Sfere, simbolo con il quale, per il tredicesimo anno consecutivo, la Guida Sparkle 2015 premio le top etichette della produzione spumantistica italiana. La Guida, è redatta dalla prestigiosa rivista di enogastronomia Cucina&Vini ed è l'unica guida in Italia interamente dedicata alle bollicine.



Come previsto il Veneto e la Lombardia hanno spopolato ma prestigiose sono state e premiate anche il Piemonte, il Trentino, Alto Adige, l'Umbria, L'Abruzzo e la Puglia. 
La redazione di Cucina & Vini vi da appuntamento al 2015 con la prossima edizione di Sparkle che riserverà interessanti novità e tanti cambiamenti!

Grazie come sempre ai ragazzi della MGLOGOSper la diffusione stampa.


Tortelli di zucca con salsicce, castagne, miele di castagno e noci

$
0
0

Avrei voluto fare di più. Mi sarebbe piaciuto regalare alle mie amiche abruzzesi il piatto 
dell'anno....altro che Pranzo di Natale. Ma gli impegni, forse troppi presi, la famiglia, il tempo che vola....vola e basta senza lasciarti spazio...
 Per chi non lo sapesse ancora le mie amiche abruzzesi hanno aperto un portale "Taste Abruzzo....dove il sapore incontra la natura" dedicato alla loro regione: L'Abruzzo! 
Sono giovani, non sono tante ma lavorano come se fossero il doppio. Hanno creato una grande cosa per il loro territorio che amano profondamente e che ha bisogno di essere valorizzato, come avrebbero bisogno anche le altre regioni italiane. 
Largo ai giovani si dice! 


Ma in questo caso nulla è più appropriato: siamo in un momento in cui l'Italia ha bisogno di essere valorizzata per ridare fiducia a noi italiani che molto spesso ci dimentichiamo cosa siamo capaci di fare in tutti i campi. 
Loro ci fanno scoprire attraverso le magnifiche foto sul loro portale i luoghi, la campagna, la montagna, le sagre, i percorsi turistici, il cibo, le ricette antiche, l'artigianato del loro territorio. I loro servizi sempre interessanti ed utili. 
Ed ora anche il contest di Natale "It's Xmas Time". 
Raccontare attraverso un piatto quello che sarà o che è stato il Pranzo di Natale in famiglia. 
Personalmente lo preferisco alla vigilia dove, per tradizione, si cucina solo pesce. 
Ma il Pranzo di Natale arriva gagliardo con un infinità di possibilità: sontuoso e così familiare, conviviale....insomma il Natale per eccellenza!
Noi lo abbiamo sempre onorato con tutta la famiglia riunita e dire che eravamo veramente tanti. Sia che si festeggiasse con i parenti di papà a Borbona o a Roma con i parenti di mamma eravamo sempre tantissimi. 
Ora non siamo più così numerosi, ognuno di noi ha un suo nucleo familiare, e purtroppo la vita che oggi conduciamo non è compatibile con grandi riunioni familiari, poi qui in città è quasi improponibile. L'atmosfera si sente sempre meno e si percepiscono solo i disagi che portano le feste. Ma io non demordo e quando arrivano le Feste ho sempre avuto il piacere di condividere qualcosa di speciale: un piatto diverso ogni anno.
Quest'anno le mie amiche abruzzesi ci hanno dato un'indicazione elencandoci alcuni prodotti della loro terra! 
A noi il compito di valorizzarli con le nostre ricette:
Le spezie: lo zafferano
I legumi: fagioli, lenticchie, piselli, cicerchie e lupini
Cereali: farro e grani speciali
Miele: di santoreggia, di sulla, di acacia, millefiori, castagno
La frutta secca: mandorle, noci, nocciole


Per il piatto ho scelto due degli ingredienti suggeriti: le noci e il miele di castagno.
Il miele di castagnoè tipico dei territori della provincia dell'Aquila e di Chieti. E' uno dei mieli più utilizzati in cucina per il sapore intenso e con retrogusto leggermente amaro. Ottimo il suo abbinamento con i formaggi.

E con questi due ingredienti ho scelto i Tortelli di zucca con salsiccia, castagne, miele e noci che riproporrò a Natale per i miei cari, che sa di montagna e anche d'Abruzzo. Un piatto che porta la firma di una grande chef la mia Chef Necci Bertini e da me leggermente rivisitato.

Tortelli di zucca con salsicce, castagne, miele di castagno e noci

Pasta all'uovo:
farina di castagne di 100 g 
farina di grano duro di 300 g 
1 uovo intero
3 tuorli

Purea di zucca 350 g
Parmigiano 150 g
Noce moscata
Salsicce 2
Miele di castagno 2 cucchiai
Burro 50 g
Farina 50 g
Brodo vegetale 500 ml
Castagne 10
4 noci
Pecorino

Preparare la pasta all'uovo con le farine e le uova. Coprire con la pellicola e lasciare in frigo per mezz'ora. Preparare una purea di zucca: cuocere la zucca in forno, pelarla, tritarla con passaverdure e far scolare tutta la notte, insaporire con noce moscata e parmigiano con sale e pepe. Preparare un brodo vegetale con sedano, carota, cipolla e una parte di castagne intere e una parte incise che ci serviranno poi per decorare dopo averle spellate e sbriciolate grossolanamente.
Stendere la pasta e con questo ripieno fare dei tortelli. Spellare e cuocere le salsicce, private della pelle e sbriciolate, con uno spicchio di aglio. Cuocere bene le salsicce fino quasi a bruciarle. Frullarle, una volta fredde, con un paio di colpi solo per ridurle ancora. Con il brodo vegetale preparare una vellutata partendo da un roux con burro e farina aggiungendo mestoli di brodo. Far addensare lasciandolo piuttosto liquido. In una padella mettere le salsicce, due mestoli di vellutata, le castagne lesse e un cucchiaio di miele. Lessare i tortelli e mantecarli con il condimento. Aggiustare di sale, pepe, noci sbriciolate e pecorino grattugiato a julienne.

Con questa ricetta partecipo al contest It's Xmas Time








Crema di lenticchie, calamari e rosmarino

$
0
0

Questa è la mia Crema di lenticchie, calamaro e rosmarino
Deliziosa, delicata ma con contrasti ragionati. 
Per chi ho fatto cotanta delizia? 
Ora vi racconto. 
Ho scoperto un Contest goloso, ma non per i premi, che per carità sono di tutto di rispetto, e non per il "padrone di casa" Lorenzo Vinci che da una vita è impegnato alla ricerca dell'eccellenza in cucina ma per la persona che giudicherà questi piatti: chef Fulvio Pierangelini. Direi che ho detto tutto! 


Il Contest si chiama "Cucina per chef Pierangelini" e già dal titolo ti dovrebbe venire una certa "strizza", essere giudicata da lui fa un pò responsabilità....
Ma noi temerari foodblogger, capaci come pochi di andarci ad infilare in situazioni estreme, non potevamo non rispondere allo chef e a Lorenzo Vinci. 
Questo è il primo concorso a premi del magazine The Academy di Lorenzo Vinci. 
Per l'occasione lo Chef ha selezionato due ingredienti che ha svelato tramite un video: le lenticchie e i calamari. 
Lo Chef ha così motivato la sua scelta: 
i calamari che ricordano il suo mare toscano dove ha avuto per tanti anni  il suo ristorante 
le lenticchie che fanno tanto Natale, un prodotto umile e semplice: il mare e la terra che si incontrano.
Non ha dettato limiti di abbinamento ma ci ha lasciato la libertà di scegliere una qualsiasi portata.
Appena ho visto ed ascoltato le parole dello chef e la motivazione della scelta di questi due ingredienti così agli antipodi tra loro ho pensato subito ad una minestra, o meglio così avrei voluto che mi fosse stata presentata a tavola. Adoro l'abbinamento pesce e legumi e amo introdurre contrasti gustativi.
                 Ma passiamo alla ricetta così lo chef potrà comprendere la scelta di questo piatto. 
                        Ho voluto più che una minestra omaggiare il calamaro con una crema. 
Le lenticchie sono state cotte nel brodo di pollo con l'aggiunta di rosmarino e  verdure tagliate a pezzi. 
                                            Il calamaro è stato privato della sua pelle e sfilettato.
                                          Per contrastare, una dadolata molto piccola di pancetta.




Crema di lenticchie, calamari e rosmarino

4 calamari
350 g di lenticchie
2 fette di pancetta
ali di pollo per brodo
1 cipolla, 1 carota, sedano
4 cucchiai di crema di latte
rosmarino
olio extravergine di oliva (Umbria DOP)
per 4 persone

Preparate il brodo di pollo con acqua, le ali lavate e fiammeggiate, la cipolla tagliata in quattro pezzi, la carota, il sedano e un poco di sale. Filtrate il brodo e versatelo in una casseruola che ospiterà anche le lenticchie precedentemente lavate e scolate. Aggiungete il rosmarino e fate cuocere le lenticchie per una trentina di minuti. Dopo averle raffreddate scolatele e versatele in un robot da cucina con un poco di liquido di cottura . Frullate fino ad ottenere una crema. Passate la crema di lenticchie attraverso un colino (chinois) per renderla vellutata. Ora aggiungete la crema di latte e mescolate bene. Cuocete per poco tempo il calamaro sfilettato e privato della pelle (quindi tagliato a metà e con il lato della pelle sul tagliere sfilettatelo con un coltello adatto, lasciando la pelle attaccata al tagliere stesso. In questo modo il calamaro rimarrà morbissimo) e i suoi tentacoli in una padella con olio e sale. Tagliate la pancetta in un piccola dadolata e rosolate in padella. Al momento di servire, assicuratevi che la crema di lenticchie sia ben calda. Versatela nei piatti da minestra con al centro il calamaro partendo dal ciuffo di tentacoli ed aggiungendo qualche straccetto della testa. Cospargete di dadolata di pancetta, un giro di olio extravergine, un ciuffetto di rosmarino e il piatto è pronto per essere gustato!

Con questo piatto partecipo al Contest di Lorenzo Vinci del magazine The Academy "Cucina per Chef Pierangelini"


Farro e gamberi...la complicità in una ricetta!

$
0
0

Tutto nasce dall'avere due case nello stessa località, Borbona, un ameno paesino sull’Appennino laziale, adagiato in una ampia vallata, dove scorre lentamente un piccolo fiume disegnando ampie curve, circondata dalle catene del Terminillo, del Gran Sasso, dei Monti della Laga e dai loro contrafforti collinari ricoperti da boschi di querce, castagni e noccioli. Anzi, in realtà le case sono tre e, per una strana coincidenza, l'una attaccata all'altra e la terza, piccola ma deliziosa, Sabrina la mette a disposizione di Elena. Ci vuole poco ad organizzarci e, detto fatto,  ci ritroviamo noi tre a trascorrere qualche giorno insieme condividendo le nostre passioni tra cavalletti,  macchine fotografiche, computer, tablet e pentole:  cucinare, fotografare, scrivere. Ogni cosa scorre come in un meccanismo ben oliato, avevamo detto di pranzare insieme un giorno e ci siamo ritrovate a condividere ogni pasto, a cucinare insieme, a chiacchierare , a farci confidenze! E  tutto con  grande naturalezza e con la collaborazione dei rispettivi mariti che, rispettando il nostro desiderio di stare insieme, hanno anzi contribuito,  chi fornendo materiale per i set, le famose e tanto amate tavole,  chi procurandoci la materia prima per i nostri piatti, dei bellissimi funghi appena raccolti. Insomma, un pizzico di sana e simpatica presa in giro da parte dei nostri mariti, un nonnulla di solidarietà maschile, un'abbondante dose di risate e chiacchiere, una generosa manciata di allegria, una bella presa di rispetto reciproco...ed ecco laricetta perfetta per giorni che non dimenticheremo!  Da tutto  questo è scaturita la necessità di raccontare questa esperienza attraverso la realizzazione di un piatto a sei mani che, come dice Elena , non è poi così complicato da richiedere il lavoro di tutte,  ma che rappresenta queste belle giornate passate insieme (Candida)
Dopo tanto parlare, finalmente si è concretizzato il nostro desiderio di trascorrere qualche giorno insieme. E finalmente sono arrivate le mie amiche di passioni...essì perchè le nostre passioni sono tante: la cucina, la fotografia, la ricerca per mercatini di materiali per allestire i set, la maniacalità per i prodotti di qualità. Le mie amiche di passioni, dicevo, Candida ed Elena. Candida, come me ha una casa a Borbona mentre Elena è stata ospitata in una seconda mia casa che avevo allestito per lei come se fosse un bed&breakfast: una casetta piccolina ma accogliente. 
Ma non si poteva stare divise per cui abbiamo trascorso quattro giorni praticamente chiuse a parlare, parlare, parlare e cucinare, fotografare...una meraviglia! 
Non trascorrevo giornate così serene da tanto tempo….è incredibile quante cose abbiano da dirsi le donne...non si esauriscono mai...cervelli sempre in movimento per la disperazione degli uomini. 
La pazienza è stata il fattore determinante di queste giornate, i nostri mariti ci hanno aiutato a stare serene, con discrezione e tanto autoironia, ci hanno assecondato e aiutato nel recupero di vecchie tavole...anche queste sono coccole ma a loro non lo diciamo! 
E così mentre si ragionava, si fotografava e si cucinava è nata questa ricetta a 6 mani e tre teste...un piatto semplice con un farro gentile locale che ci ha seguito per tutta la preparazione donando egregiamente la sua bontà e l’ingrediente principale è stata la complicità! 
Ed è nato un piatto eccezionale un confort food lo potrei definire, un piatto che ci ha scaldato i cuori e messo tutti d’accordo! Bellissimo è stato cucinare e fotografare, allestire un set idoneo alla ricetta, trovare i colori, le luci...già le luci! 
Se poco poco si spostava l’obiettivo si vedeva me e Candida a sorreggere una tovaglia bianca per dar modo ad Elena di scattare la foto giusta con la giusta luce, la foto di pancia, come la chiama lei!  
E quante risate, e pensieri e confidenze...siamo donne e siamo belle, forti e tenere allo stesso tempo! (Sabrina).

Tre foodblogger diventate amiche strada facendo. Io Sabrina e Candida, con la stessa voglia di condividere la nostra passione, cucina e fotografia. L’occasione giusta arriva. Per Sabrina e Candidaè facile organizzare una vacanza insieme, seppur di pochi giorni, perché sono originarie dello stesso paese, Borbona, e periodicamente vanno nelle loro case (ma che neanche si conoscevano prima di diventare bloggalline!!!!). L’altra occasione è stata la splendida casetta di Sabrina libera,  da mettere a disposizione per me, come se fosse un B&B con tanto di dono di benvenuto! 
I giorni di ferie in comune, poi, hanno fatto il resto!. 
Una breve vacanza, decisamente insolita, ma così divertente!! 
Tutto è stato così naturale. 
All’inizio un po’ di imbarazzo per stare sempre a casa di Sabrina, quella con la casa più vissuta e quindi con a disposizione praticamente tutto, compreso il materiale per i set fotografici: tavole di legno, pentole in rame e alluminio di quelle “vissute”, cariche di storia e di tradizione, che tanto ci ispira, (altro che mercatino delle pulci dove andare a frugare, cercare e  acquistare…).
Poi, tutto diventa naturale!
Ognuna di noi, senza interferenza dell’altra, si organizza per una parte di quella giornata, ognuna fa qualcosa in mezzo a tante risate, tanta allegria!
Accompagnano questi giorni anche tanta pazienza da parte dei mariti, che anzi  aiutano nella ricerca di quel materiale che  potesse esserci utile e tanta discrezione, lasciandoci insieme praticamente la maggior parte della giornata. Sempre con il sorriso e, se vogliamo, … lo “sfottò” simpatico da parte loro, con la promessa che prima o poi avrebbero scritto un post “dalla parte dei mariti delle foodblogger”! E se la manterranno, ne leggerete delle belle!!!
E’ nata così l’idea di preparare una ricetta a sei mani, non perché fosse difficile e avesse bisogno di ben 6 zampe per essere eseguita, ma solo per avere una ricetta che diventasse il ricordo di questi bellissimi giorni trascorsi insieme… E ci ha detto anche bene, perché sembra proprio che ai mariti e al bimbo, sia piaciuta assai… La frase a dimostrazione di ciò? “Ma non ce ne sta più? Proprio una volta che mi piaceva tanto!” 
Mentre noi proteggevamo a spada tratta l’unica porzione messa via per essere fotografata… (Elena)

Farro e gamberi...la complicità in una ricetta!

Ingredienti per ogni persona
100 gr di farro perlato
100 gr gamberi sgusciati
100 gr di polpa di pomodoro fresco
basilico q.b.
prezzemolo q.b.
brodo di pesce circa un quarto
vino un paio di cucchiai
sale e pepe q.b.
peperoncino  q.b.
1 spicchio di cipolla 
olio evo 2 cucchiaio circa

Preparazione


Per prima cosa ho lavare il farro e lasciarlo a bagno in acqua fredda per circa 30 minuti.
In una padella soffriggere nell'olio la cipolla
 tritata finemente e il peperoncino. 
Aggiungere i gamberi sgusciati tagliati a pezzetti, lasciandone qualcuno intero. 
Salare e pepare. 
Quando è tutto rosolato sfumare con il vino 
e lasciare evaporare.
  
A questo punto aggiungere la polpa di pomodoro e il basilico 
e cuocere per circa 5 minuti. 
Unire il farro e un mestolo di brodo e amalgamare prima di trasferire il tutto in una pentola di coccio 
(o altra pentola che possa andare in forno) 
insieme al rimanente brodo di pesce. 
In pratica bisogna ricoprire tutto il farro e oltre di circa un dito.
Cuocere in forno già caldo a 180 gradi per circa 35/40 minuti.
Lasciare intiepidire prima di servirlo cosparso di prezzemolo tritato e di un filo d'olio extravergine di oliva.



Buon Natale a chiunque passa di qui...Buon Natale alla mia famiglia...Buon Natale alla mie amiche care e un Buon Natale di cuore a chi ha permesso tutto questo: 
le Bloggalline che ci hanno fatto incontrare per condividere una passione comune...

Semifreddo alla nocciola e Fogliette Loacker

$
0
0

Un'idea per un inizio anno alla grande! Un semifreddo coi fiocchi! Questo perchè ho avuto due valorosi supporter: la mia amica Valentina che mi ha suggerito con le sue meravigliose creazioni l'assemblaggio di questo dolce e la Loacker che con le sue Fogliettemi ha permesso un decoro ad alto livello che ha conferito una delicata eleganza al mio dolce!
Le Fogliette sono la grande novità di Gran Pasticceria Loacker, una linea riconoscibile non solo per la sua bontà ma anche per la eleganza e raffinatezza. Si tratta di un wafer extra-sottile ricoperto da finissimo cioccolato che comprende l'82% dell'intero prodotto.
Lo troviamo in due gusti: fondente (al 60% di cacao) e al latte.
Le ho scelte e le ho trovate particolarmente versatili come decorazione di questo semifreddo. Perfettamente in linea con il resto del dolce a coronare, con la loro fragranza la nota croccante percepita dall'assaggio.


Sono passati 80 anni dalla fondazione della pasticceria di Alfons Loacker. Da allora molto è cambiato ma l'attenzione alla qualità, l'utilizzo di materia prime fresche e genuine senza l'uso di conservanti sono rimasti invariati.
Ricordo che la Loacker è nella lista de "Il Fatto Alimentare" tra i 100 prodotti segnalati senza olio di palma.

Moltissimi sono i prodotti Loacker: gli intramontabili Wafer di diversi gusti tra vaniglia, caffè, cacao, nocciola e il Cioccolato Loacker una bontà raffinata: una tavoletta di cioccolato con un cuore di wafer. Ma il più bello e innovativo ma anche versatile per decorare i nostri più bei dolci è laRose of the Dolomites che sarà la prossima protagonista di un mio dolce!


L'ispirazione è la Torta Diabella di Luca Montersino

Pan di Spagna al cacao

250 g. di uova (sono circa 5 uova)
175 g di zucchero 
110 g di farina 00
40 g di cacao
50 g di fecola di patate
i semini di un baccello di vaniglia o un cucchiaino di estratto

Montare le uova con zucchero per almeno 15 minuti in planetaria fino ad ottenere una consistenza spumosa e chiara. Aggiungere la vaniglia. Unire un poco per volta con delicatezza la farina mista al cacao e alla fecola e spatolare dal basso verso l'alto facendo attenzione a non smontare l'impasto. Imburrare ed infarinare bene una teglia rettangolare e versarvi il composto alto circa un centimetro, per cui regolatevi con la grandezza della teglia. Sfornare e far raffreddare. Una volta freddo inciderlo con i cerchi in acciaio che ci occorreranno per il montaggio del dolce (io uno da 24 e uno da 22 cm).

Bavarese al cioccolato bianco e nocciola

200 g latte intero
80 g di tuorli
35 g di zucchero semolato
185 g di cioccolato bianco
80 g di pasta di nocciola
6 g di colla di pesce
500 g di panna liquida

Bollire il latte e unire i tuorli brevemente lavorati con lo zucchero per realizzare una crema inglese.
Rimettere sul gas e cuocere portando a 84°C per pastorizzare i tuorli, controllate con un termometro e attenetevi alla temperatura, una temperatura più alta coagulerà l'uovo.
Mixare con un minipimer per far abbassare la temperatura a 58°C e ora inserire la gelatina precedentemente ammollata in acqua fredda e ben strizzata.
Mescolare bene per farla sciogliere.
Aggiungere il cioccolato bianco tritato e far sciogliere benissimo prima di aggiungere la pasta nocciola che a sua volta dovrà essere stata mescolata bene.
Emulsionare di nuovo con il mixer ad immersione.
Far raffreddare in frigo coperto da pellicola fino ad ottenere una consistenza cremosa.

Trascorso il tempo prendere la panna e metterne un paio di cucchiaiate nel composto al cioccolato bianco e nocciola. Amalgamare bene ed energicamente con una frusta aggiungendo man mano tutta la panna. Tenere in frigo mentre si prepara la mousse.

 Mousse al cioccolato fondente

500 g di panna semimontata
250 g di latte intero
300 g di cioccolato al 70%
4 g di gelatina 
20 g di acqua 

Aggiungere l'acqua alla gelatina. Attendere pochi minuti e poi sciogliere al microonde. Fondere il cioccolato in microonde fino a raggiungere la temperatura di 50°C. Scaldare il latte e poi aggiungere la gelatina idratata. Versare un terzo del latte sul cioccolato e realizzare una emulsione servendosi di una spatola in gomma. Completare l'emulsione mediante l'aggiunta della seconda parte di latte e, infine, della terza. Passare la crema al minipimer per pochi minuti. Aggiungere una generosa cucchiaiata di panna alla crema in modo da fluidificarla e poi versare la crema all'interno della restante panna lavorando in modo da non smontare il composto. Tenere in frigo.

Il montaggio

Procurarsi un cerchio di 24 cm di diametro e alto 6 cm. Foderarlo sul bordo con il nastro di cellulosa per semifreddi. Ritagliare col cerchio il pan di spagna e bloccarlo all'interno del cerchio stesso. Versare la bavarese alla nocciola, uno strato che arrivi a metà dello stampo (considerato che una parte è già occupata dal pan di spagna). Ora sopra il pan di spagna più piccolo che tenderà leggermente a scendere. Sopra la mousse al cioccolato e qualche nocciola tostata e sbriciolata ma senza arrivare al bordo pieno. Tenere in freezer una mezzora. Ora chiudere con la restante bavarese livellando con una spatola. Lasciare il dolce in freezer per una notte.

Decorare con cubetti di pan di spagna avanzato, nocciole tostate, ciuffetti di bavarese avanzata, panna montata, frutta rossa (fragole, ribes...) e le immancabili Fogliette Loacker sul bordo dopo averlo sformato dal cerchio e tolto il nastro di cellulosa!



Il Molise esiste! Pasta La Molisana e 17 Foodblogger: la sfida abbia inizio!

$
0
0

Da quando ho aperto il blog non ho mai voluto collaborazioni...non so non mi piace..mi vergogno, non sono capace, non mi va di cercare, chiedere, scrivere...Con La Molisanaè nato tutto per caso un paio di anni fa ad una manifestazione. Da allora c'è stato un interesse reciproco ma più dettato dall'affetto, dal rispetto e dalla stima reciproca che commerciale. 

La spinta che mi ha portato ad approfondire i rapporti con questo brand è stata lei Rossella Ferro la responsabile marketing: bella dentro e fuori Rossellaha trascorso con me un intero pomeriggio, parlando e sopratutto interessandosi alle mie aspirazioni e alla mia passione per la cucina che condivide a pieno. I suoi collaboratori poi sono energia pura, un'energia che lei trasmette con il fuoco che sprigiona dagli occhi quando parla della sua azienda.


Sono giovani, tutti, e tutti pieni di entusiasmo. Un motivo ci sarà?! L'azienda ha avuto periodi difficili in passato ma grazie all'acquisizione da parte della famiglia Ferro e del loro Molino, sopratutto dalla forza della famiglia intera, ha avuto un'impennata fino a diventare un colosso sul mercato. Tutto questo solo in nome della qualità, della saggezza, dell'unione, della lungimiranza, dell'inventiva, della genialità....menti sveglie, preparate, attente al mercato ma anche al cuore della gente.

La loro attività non è solo basata sulla corsa alle vette dei mercati azionari ma alla valorizzazione della loro terra il Molise, al rispetto per l'ambiente, al sociale (con i loro progetti sostengono economicamente la Cooperativa Sociale e finanziano gli studi universitari di giovani meritevoli con difficoltà economiche), alla curiosa "Sartoria della Pasta" con il quale La Molisana ha deciso di raccontare la qualità del suo prodotto accostando l'eccellenza alimentare a quella sartoriale. Gli abiti confezionati da giovani talenti della moda hanno incuriosito, affascinato e stupito migliaia di persone.

Tutto questo che vi ho appena raccontato, e non solo, è La Molisana, è una terra: il Molise, troppo nascosta, quasi inesistente dal panorama turistico e pubblicitario. 
Natura, storia, arte, antiche tradizioni e gastronomia sono i tesori di questa terra ancora poco conosciuta. 
La sopravvivenza di usi e tradizioni, di attività artigianali e antichi mestieri altrove scomparsi  è una caratteristica unica della regione, che rende il Molise un “piccolo mondo antico”.
Il Molise ha tutto: un litorale che presenta spiagge sabbiose, circondate da vegetazione mediterranea e un mare limpido e pulito; il suo territorio, prevalentemente montuoso e collinare è solcato dai caratteristici “tratturi”, i percorsi storici della transumanza che uniscono i pascoli abruzzesi con quelli pugliesi....una Regione piena di Storia e passato duro, quello delle conquiste di chi sa di avere alle spalle solo la forza di volontà e la voglia di riscatto.
Una Regione che lavora sodo, dove racchiude una grossa fetta di eccellenza enogastronomica, tutta da scoprire, da assaporare, da comprendere.
Per noi foodblogger che abbiamo avuto la fortuna di conoscere alcuni di loro, posso dire che la caratteristica che li unisce è la fierezza, quella luce che si accende quando parlano dei loro prodotti e della fatica e della storia della loro famiglia, della cura che mettono nel migliorare, sempre! Quasi come se cercassero un riscatto continuo, uno spazio sofferto e sudato nel panorama nazionale.
Quando basterebbe solo una Politica Regionale volta agli interessi di chi lavora, di chi investe le proprie attitudini, soldi, famiglia. 
Signori politici locali! 
Svegliatevi avete l'oro in casa!
Diffondete il vostro tesoro, aiutate i vostri cittadini! Non esistono solo al momento delle elezioni ci sono sempre lì, tutti i giorni a combattere con voi e con le asperità del terreno e del clima!
Esistono paesi europei che non hanno nulla, magari uno o due prodotti di punta e fanno fuoco e fiamme per valorizzarli spendono capitali! Voi non dovreste fare nulla solo dare ascolto a voci e racconti come umilmente abbiamo fatto noi.
Possiamo fare poco per contraccambiare una cotanta accoglienza ma ciò che sarà in nostro potere fare faremo. Sarà una piccola voce ma insieme diventerà un rumore, forte e chiaro!
Questo sarà il nostro #Molise Calling!
Da oggi partiranno una serie di azioni di marketing territoriali per le produzioni d'eccellenza della Regione Molise, questa sarà la mission futura de La Molisana!
Questo è il momento! 
Fare parte a pieni titoli del panorama Nazionale, ora, alla partenza 
dell'EXPO 2015. 
Tutto questo per dire: ci sarà anche il MOLISE!

Alcune aziende di punta per i loro eccellenti prodotti hanno deciso di rappresentare il Molise e l'Italia nel Mondo grazie alla vetrina mediatica messa a disposizione da La Molisana. 

Abbiamo avuto l'onore di conoscere il pluripremiato Olio di Marina Colonna (il loro eccezionale olio classico incontra le spezie e la frutta offrendo un mix ideale per  far scatenare la fantasia in cucina); i vini della Cantina Cianfagna (deliziose persone, ciao Vincenzo!) con il loro Tintilia antico vitigno autoctono delle province di Isernia e Campobasso e la sfida produttiva con il rosato, pregevole!; il Caseificio Di Nucci (Franco una persona dolcissima con la passione di chi questo lavoro lo ha respirato da sempre); il tartufo Sapori di Bosco Molisani (la rappresentante Sabrina Di Marco una ragazza piena di passione, mi ha fatto innamorare della loro azienda e politica di lavorazione artigianale).

La Molisana con il patrocinio della Regione Marche e del Comune di Campobasso.

Il Molise esiste!

Ecco la nostra collaborazione da cosa nasce! Si poteva dire di no?

17 Foodblogger presenteranno una sfida on line e il tema sarà
La semplicità di ritorno!



Ebbene si! In un momento in cui in tv imperversano trasmissioni di Masterchef o presunti tali in cui la fantasia spesso cozza con la realtà, La Molisana vuole ricondurci ai valori semplici come la loro terra. Valori che spesso vengono messi da parte per dare spazio alla folla corsa giornaliera e settimanale a non si bene cosa...
E quindi che sfida sia! 
Forza ragazzi aiutiamo il Molise al grido della semplicità!
Aspettatevi grandi cose.....noi siamo già al lavoro!!!!


Un ringraziamento a tutto lo staff de La Molisana in particolare a Rossella Ferro con la sua eleganza ed ospitalità ci ha fatto sentire a casa nostra; Flavio Ferro, Responsabile Stabilimenti del Gruppo che con pazienza e professionalità ci ha illustrato tutta la catena produttiva; Fabrizio Savigni, Relazioni Pubbliche e Media Relation, grande Fabry: organizzazione impeccabile e mente creativa; Francesca Di Nucci, Marketing Strategico, dolcissima, solare e dinamica donna e Damiano Piccirillo (il primo Molisano de La Molisana non si scorda mai! ciao carissimo!)
   #molisecalling e #pastalamolisana saranno gli hastag da utilizzare

Plumcake alle carote, mandorle e cream cheese

$
0
0



Un plumcake così soffice e così buono da farti innamorare! Lui è stato il trade union di una gita piacevolissima con 13 foodblogger alcuni amici e altri mai visti, ma si sa che il cibo lega, unisce e riscalda gli animi e durante quella gita a Campobasso #Molisecalling agli stabilimenti della Pasta La Molisana,  questo plumcake è stata la nostra gioiosa colazione. Per questa versione ho voluto arricchirlo con una soffice crema al formaggio per l'esattezza mascarpone e zucchero a velo...

Plum cake carote, mandorle e cream cheese

Ingredienti

250 g di carote
3 uova piccole
100 g di farina di mandorle
100 g di succo d'arancia
80 g di olio di semi
200 g di zucchero a velo vanigliato
200 g di farina 00
1 bustina di lievito per dolci
buccia grattugiata di 1 arancia
1 pizzico di sale


Grattugiate le carote a julienne dopo averla lavate e pelate. Frullatele un poco con un mixer. Nel bicchiere della planetaria montate le uova con lo zucchero, unite poi la farina di mandorle. Mescolate con cura. Profumate con la buccia dell'arancia grattugiata. Ora versate le carote tritate, l'olio e il succo d'arancia e mescolate ancora con cura. Ora la farina 00 precedentemente mescolata con il lievito. Versare il composto nello stampo da plumcake o stampi monoporzione. Infornate a forno già caldo a 180°C per circa 30-40 minuti se un unico plumcake altrimenti 20 m. se monoporzioni.


Per la cream cheese

250 gr. di mascarpone
40 gr. di zucchero a velo


Canjiquinha de milho verde

$
0
0






Credo di aver perso due tappe dell'Abbecedario Culinario Mondialee me ne dispiace veramente tanto! Mi diverte un mondo andar a cercare usi e costumi dei vari paese ma sopratutto le loro ricette...di solito sono molto distanti dalle nostre e difficili da far digerire in casa per cui alla fine le faccio per me! 
Questa volta la nostra amica Rosa Maria ci ospita in Brasile! Già il nome evoca allegria, mare, sole, belle donne e uomini muscolosi e ben fatti, posti da sogno e natura tanta natura e turismo. Rosa Maria "si trova" a Fortaleza, beata lei aggiungo io, ma noi anche se rimaniamo a casa nostra, anche se ci documentiamo per come rendere omaggio ad ogni paese, grazie alla cucina viaggiamo lontani!
Una vacanza a Fortaleza è un'esperienza che ogni viaggiatore dovrebbe vivere. Il mare e le spiagge immense e bellissime incorniciano questa fantastica località brasiliana. Le feste e i balli sono la costante delle notti a Fortaleza. Considerando il suo isolamento sulla mappa del Brasile, Fortaleza è un posto sorprendentemente grande e tentacolare.  Alcune spiagge della città sono abbastanza attraenti e la vita notturna è sicuramente molto divertente. 


 Non ha molti monumenti e il suo interesse è costituito dalle spiagge. Alcune, come Praia do Futuro, Praia do Meireles e Praia da Iracema, sono situate entro i limiti urbani. Al di fuori della città la scelta è veramente infinita: a est del centro si allunga la cosiddetta "Costa Sol Nascente" mentre a nord-ovest si allunga la "Costa Sol Ponente".

E ora tuffiamoci in questo dolce! Questo è per te Rosa Maria!


Canjiquinha de milho verde

Ingredienti per 6 persone

250 g di chicchi di mais cotti
150 g di farina 0
150 g di zucchero semolato
100 g di burro
50 g di fiocchi di cocco essiccato
5 cucchiai di latte di cocco
3 uova
3 albumi
2 cucchiaini di lievito vanigliato
1 cucchiaino di essenza di vaniglia
1 cucchiaino di cannella
 burro e zucchero per lo stampo

Accendere il forno a 190°C. Imburrare uno stampo di 18 cm di diametro a bordi alti e cospargetelo con lo zucchero.
In una ciotola montate a neve tutti gli albumi con qualche goccia di limone. In un altra ciotola montate i tuorli con lo zucchero. Aggiungere il burro molto morbido, magari fatelo ammorbidire un poco al microonde, montare ancora. Ora la farina, il lievito, il cocco rapè, il latte di cocco, la vaniglia e la cannella. A questo punto incorporare gli albumi con una spatola mescolando dal basso verso l'alto, aggiungere ora i chicchi di mais ma consiglio di cospargerli di farina per non farli scendere verso il basso durante la cottura e mescolare. Versare il composto nello stampo e cuocete nel forno già caldo per 40 minuti. Alzate la temperatura del forno a 220 e cuocete per altri 5 minuti.
Sformate il dolce e lasciatelo raffreddare prima di servire. Per renderlo più goloso preparare una glassa con il latte di cocco aggiungendo dello zucchero a velo fino ad avere un composto denso da colare golosamente sul dolce.

Un consiglio: il mais, in tutte le sue forme, è molto utilizzato nella cucina brasiliana. I chicchi in scatola sono molto pratici, ma prima di utilizzarli sciacquateli con acqua fredda e asciugateli bene.





Farfalle ubriache #Molisecalling

$
0
0

Come già vi accennavo qui, eccomi all'appuntamento gradito con Pasta La Molisana, il Molise e il #Molisecalling, un'iniziativa così divertente e coinvolgente che ha visto partecipare 17 foodblogger, compresa la sottoscritta, e passarsi il testimone in questa sfida alla "Semplicità di Ritorno" con piatti volti alla condivisione di una serata piacevole senza ansie di prestazione, con prodotti di stagione facilmente reperibili e perchè no, magari con l'aiuto di chi abbiamo invitato!

La sfida è iniziata il 15 gennaio ed ogni martedi e giovedi ci sarà una ricetta a deliziarvi ma anche a lanciarvi quell'idea che proprio vi mancava e magari personalizzarla con ciò che avete in casa. Io prendo il testimone dalla bellissima Giovanna Hoang del blog Like Eat che ci ha regalato due ricette meravigliose e questa settimana è il mio turno! 

Con piacere voglio proporvi un formato di recente produzione, o meglio, le farfalle ci sono da sempre ma la genialità è stata rigarle! E già, meravigliose farfalle di pasta rigata per accogliere meglio i condimenti e renderle più rustiche!
Ma io ho voluto fare di più a ste Farfalle Rigate n. 66 le ho ubriacate! 
Più semplice di cosi!

La ricetta è facilissima: un tovagliolo birichino, amici simpatici, che siano buoni bevitori e intenditori, qualcuno così bravo da aprire la bottiglia, un pacco di pasta La Molisana Farfalle Rigate n. 66, un'aneddoto divertente accaduto in giornata, un bacio sulla guancia mentre si organizzano gli ingredienti, una pancetta dop....e....aspetta, aspetta la punta del pezzo di pecorino è mia!!!!!! 
Mmmmm...deliziosa, il boccone migliore va alla padrona di casa!

E ora via con le danze, facciamo ubriacare le nostre farfalle, piano piano dando loro un vestito caldo dal colore rubino, una cremina densa e vellutata data dall'amido rilasciato dall'ebbrezza infusa dal vino rosso....e le farfalle si lasciano andare, si inondano di quell'alcool benefico che riscalda gli animi, rilassa i nervi, scioglie la lingua, allenta le inibizioni e fa comparire il sorriso sui volti di tutti....e il pepe??? Il pepe! Ce lo vogliamo mettere un poco di pepe in questa serata? Massì dai tanto il vino rosso sta già cominciando a dare i suoi frutti e quindi via, giù di mulinello come se piovesse e che serata sia!

Farfalle ubriache

Ingredienti per 4 persone

400 g. di Farfalle rigate n. 66
160 g di pancetta
una cipolla media
400 ml di vino rosso (io ho scelto un S. Giovese o un Chianti)
pecorino sardo
sale e pepe

Scaldate una padella con un poco di olio extravergine e fate saltare la cipolla tagliata finemente a cubetti. Aggiungete ora la pancetta anch'essa tagliata a cubetti. Fate rosolare bene. Completate ora con il vino e fatelo ridurre aggiustando di sale e pepe. Lessate le farfalle in abbondante acqua salata già in ebollizione e a metà cottura toglietele dall'acqua per terminarla nella padella con il vino. La pasta continuerà a rilasciare amido per cui avrete bisogno di altro liquido che integrerete con l'acqua di cottura. Al termine le farfalle saranno diventate del colore del vino e quindi "ubriache" con una cremina viola data dall'amido. Date una girata di pepe e spolverate di pecorino grattugiato alla julienne. Servite calde.

Per scoprire quale sarà la mia seconda proposta ma sopratutto quale formato di pasta avrò scelto per realizzarla andate qui sul blog di Pasta La Molisana e scoprirete una nuova idea con Natosottoilcavolo e la "Semplicità di Ritorno"! 

Seguiteci con gli hastag #Molisecalling e #Pastalamolisana e non perdete il prossimo appuntamento con Non Solo Bamboo e il nostro Luca!

Budìn de chocolate

$
0
0

Siamo arrivati Messico con la nostra carovana culinaria e più precisamente la nostra ambasciatrice Lucia del blog Tortadirose ci ha portato a Guadalajara. 
Mi sono messa a cercare notizie su questa città ed ho trovato veramente tanto: 
spiagge certificate del Jalisco; 
le bellezze naturali del lago Chapala; 
la Tequila; 
la charreira lo sport nazionale messicano; 
i Mariachi, il vero suono del Messico; 
Guadalajara, la Firenze messicana; 
la cucina unica del Jalisco; 
divertimenti per tutta la famiglia; 
il paradiso dello shopping...insomma un posto magico! 

Guadalajara è la seconda città più grande del Messico e, per molti aspetti, può essere considerata la località per eccellenza di questo grande Paese. 
Avventuratevi dentro la città passeggiando, camminerete sotto archi e lungo corsi molto pittoreschi e potrete ammirare fontane gorgoglianti, magnifici edifici coloniali restaurati e moderne sculture. A poca distanza, la Plaza de los Mariachis offre uno spazio perfetto per bere qualcosa e ascoltare la musica di queste famose bande tradizionali, una conclusione ideale per una giornata trascorsa nella seconda città più grande del Messico. Che vogliate scoprire la città a piedi, su un autobus a due piani o a bordo di una carrozza, avrete modo di notare che le numerose piazze di Guadalajara, la sua architettura coloniale e tutti i più moderni comfort rendono questa città la località perfetta da visitare e scoprire. 
Quindi che aspettate: Guadalajara merita una visita mentre io mi limito a farvi conoscere un'ottimo dolce tipico messicano Budìn de chocolate speziato come la tradizione suggerisce e con, naturalmente, il cioccolato!

Il cacao conquistò i palati degli indigeni e la parola significava delizia degli dei. Fra i maya, il cacao era chiamato bakau, che significa albero della vita. A quei tempi, sia la semina che il raccolto motivavano cerimonie religiose e i frutti raccolti divenivano il simbolo della vita nelle principali ricorrenze.
In Messico, il cacao è gastronomia dolce e salata e le sue preparazioni sono infinite. Si mangia dolce e si beve sciolto nel latte caldo o freddo - come in Europa - ma si usa anche come condimento nel gustoso mole (pesto), come pure in altre pietanze tipiche. Al cacao inoltre si attribuiscono delle proprietà medicamentose per il suo effetto energetico e rinvigorente.  
Tra i principali gruppi di cacao che esistono nel sudest messicano c’è la varietà “cacao criollo”, con alberi bassi, poco vigorosi, con frutti cilindrici, buccia rugosa e semi dal sapore forte e simile al pepe, considerati di alta qualità per la preparazione del cioccolato. Il noto “cacao forastero”, con alberi vigorosi, di foglia grande e verde intenso, frutti ovoidali e buccia liscia e leggermente rugosa. I suoi semi sono in genere amari. Infine, il “cacao trinitario”, costituito da prodotti ibridi generati da intrecci spontanei fra criollo e forastero.
Budìn de chocolate
per 4 persone
5 dl di latte
150 g di cioccolato fondente
50 g di miele di acacia
30 g di burro
1 uovo
2 cucchiai rasi di amido di mais
1 cucchiaino di caffè solubile
1 bastoncino di cannella
1 pizzico di Chili

In una piccola casseruola fate sobbollire il latte per 5 minuti con il caffè e la cannella, poi filtrate. Grattugiate il cioccolato e unitelo al latte filtrato. 
Aggiungete anche il burro e mescolate a fuoco basso finché saranno amalgamati. Unite poi il miele e mescolate ancora. 
In una ciotola lavorate l'uovo con l'amido di mais e versate il composto a filo nella casseruola, mescolando senza interruzione. 
Amalgamate alla fine anche il chili. 
Versate nelle coppette e lasciate raffreddare prima di servire.

Lo sapevate?
 Gli Aztechi preparavano una cioccolata amara, ricca di spezie e piccante, una bevanda corroborante ma di gusto poco gradito a gli Europei che, infatti, la modificarono.

Dall'idea di Aiù di Trattoria Muvara, per l'Abbecedario Culinario Mondiale.



Baci al gongonzola per l'MTC n. 45

$
0
0
Come un disco rotto inizio i post dell'MTC allo stesso modo! Sono le 22.07 ed io ho tempo fino a mezzanotte!!! Riuscirò un giorno a postare con calma???
Cara Annarita ecco dei baci per te! Baci virtuali ma comunque originali e veramente ottimi!
Possono essere presentati per un happy hour con gli amici, un simpatico e birbante aperitivo! Potranno credere di prendere un dolce invece......il suo cuore è salato eccome! Sto parlando di formaggio e che formaggio: gorgonzola dolce! Barbara Ronchi della Rocca esperta in bon ton e spesso ospite nelle trasmissioni familiari della Rai, anni fà fece questo insolito aperitivo che mi riproposi sempre di replicare. Annarita me ne ha dato l'occasione con l'MTC n. 45. 
Tu capisci Annarita che io questo non potevo farlo a S.Valentino!! La gorgonzola è un formaggio che un pò cozza con l'amore, per cui ho mandato avanti le mie colleghe....
Luisa Spagnoli, la creatrice nel 1922 di questi meravigliosi cioccolatini, si rigirerà nella tomba se sapesse che al loro interno c'è un formaggio così difficile...
Per il temperaggio del cioccolato ho utilizzato la tecnica per inseminazione utilizzando il microonde per portare a temperatura il cioccolato e per poi raffreddarlo con un un quarto lasciato da parte dal totale.
Ho utilizzato un cioccolato fondente del Ghana: un cacao dolce aromatico e morbido quello che mi serviva per contrastare la gorgonzola!

Baci al gorgonzola

Cioccolato del Ghana 
gorgonzola dolce
pepe bianco
nocciole

Ho preparato l'interno dei baci mescolando il formaggio con la granella di nocciole tostate e il pepe bianco. Ho formato le palline e aggiunto la nocciola in cima e tenuti in frigo. Ho sciolto poi il cioccolato al microonde calcolando il totale e togliendone 1/4. L'ho portato a 45°C ho aggiunto il cioccolato lasciato fuori ed abbassato a 27°C  mescolato bene e riportato a 31°C. A questo punto ho infilzato con la speciale forchettina la pallina fredda di frigo e l'ho immersa nel cioccolato caldo. Ho posizionato i cioccolatini sulla sua gratella a scolare e raffreddare.

Quale biglietto potrei mettere in questo bacio????


Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 45 con il tema Baci di Annarita del blog Il bosco di alici





Alo Food Box ...le Marche in una scatola!

$
0
0

Signore e Signori nasce il nuovo modo di concepire un'aperitivo in compagnia, una cena romantica in due o in quattro...essì perchè gli Alo Food Boxsono pensate per quattro persone e c'è tutto! Tutto l'occorrente per improntare un pasto con prodotti di qualità ma in compagnia di un'ottima birra artigianale!
Infatti gli Alo Food Box nascono da un neologismo coniato circa tre anni fa, se non erro, da Alogastronomia: abbinamento tra birra artigianale, cibo di qualità e territorio. 
Quale territorio??? 
Le Marche, 
naturalmente, dove la presenza del Monte Nerone regala un'acqua senza pari che contribuisce all'assoluta eccellenza di una produzione di birre dal gusto inimitabile!

Parlavamo di territorio: ebbene il team di giovani professionisti uniti dall'amore per la propria terra hanno deciso, tramite gli Alo Food Box, di raccontare il territorio scegliendo l'elite dei prodotti agricoli e le migliori birre artigianali.
Insieme ad esperti studiano i migliori abbinamenti tra birra e cibo per far si che un'esperienza Alo Food Box sia e rimanga indimenticabile!

Prima ancora che avvenisse il lancio sulla stampa nazionale ho regalato uno di questi box a mio fratello ed ancora ne parla con gli amici e conoscenti!
Un regalo gradito, perchè a tavola ci si mette tutti d'accordo!

Conoscevamo le smartbox, i coupon, i vari groupon o groupalia ma non le Alo Food Box che grazie al geniale intuito di persone che conosco molto bene (leggete qui l'AloFoodCamp il tour ad Apecchio città della birra) e che ne ammiro l'entusiasmo, la lungimiranza e sopratutto l'amore per la loro terra, sono nate per valorizzare il made in Italy e la birra, un elemento in grado di stabilire forti legami sia con gli altri prodotti che con il territorio!


Gli Alo Food Boxsono 6
Sei scelte per altrettanti cene diverse
Gusti diversi abbinati alla stagione e a due modi di essere

Primavera, Estate, Autunno, Invernoe il simpatico ForeverYoung e il sempre valido Ovunque sei
QUI trovate la descrizione dettagliata di ogni box con quantità e la possibilità, attraverso un sistema a tendina, di variare la tipologia di birra.

La mia Alo Food Box è "Il Profumo dell'Estate" e molto presto vi farò vedere cosa preparerò con i suoi interessanti prodotti che vedete in foto:

Sedanini di farro e fave
Crema di zucca e tartufo bianco
Goletta
Biscotti sciroppati
Birra Venere Bionda


Pici alla zucca con funghi pioppini e salsiccia per TIPI DA PICI e l'AIFB

$
0
0

Non sono mai stata a Siena...essì che mi piacerebbe molto andare! Questa potrebbe essere l'occasione: dico potrebbe perchè solo 3 foodblogger avranno questo privilegio. 

L'AIFB sarà partner della regione Toscana e Comune di Siena con la CCIAA di Siena nell'evento "TOSCANA TERRA DEL BUON VIVERE" che si svolgerà dal 27 al 29 Marzo a Siena. 
Cosa ci propone la Toscana? Ma un Contest ovviamente!| L'argomento sarà TIPI DA PICI rivolto proprio a noi foodblogger di tutta Italia e a quanti cuochi amatoriali vorranno cimentarsi del territorio senese.

La prima apparizione "documentata" dei Pici si trova a Tarquinia nella celeberrima Tomba dei leopardi. Si tratta di una testimonianza muraria, ovvero di un affresco che ritrae una scena di banchetto: un servo porta in tavola una patera, una scodella di pasta a fili irregolari, che si pensa possano essere gli antenati dei Pici.
Quanto al termine "Pici", alcuni sostengono derivi dalla località San Felice in Picis, una cittadina della zona di Castelnuovo, della diocesi di Arezzo (una delle quattro diocesi in cui è diviso il Chianti), ma altri ritengono che il loro nome derivi dalla riserva di abete bianco di Piancastagnaio in provincia di Siena. Questo tipo di abete, dalla forma lunga, stretta e bianca (come quella appunto dei Pici), è chiamato Pigelleto, termine che secondo molti studiosi presenterebbe una notevole assonanza con "Pici". Nome a parte, la storia di questa pasta si lega soprattutto alla tradizione contadina che prevedeva, nel prepararli, una lunga e lenta lavorazione. Per questo motivo, in passato, era un lavoro che veniva affidato alle bambine o gli anziani.

Per quanto riguarda l'origine territoriale dei Pici, tutti concordano che questo tipo di pasta sia legata alla tradizione culinaria della Val D'Orcia, più precisamente a quella di Celle Sul Rigo, una cittadina confinante con la provincia di Viterbo. Da qui i Pici si sarebbero diffusi fino a raggiungere la Valdichiana e Montepulciano, per poi penetrare un po' ovunque con nomi diversi da quello originale (Strangozzi nell'Umbria, Strangoli in Calabria, Strozzapreti in Emilia Romagna e Bigoli nel Veneto).
Per la produzione dei Pici senesi, la tradizione vuole che si crei a mano un impasto con farina di grano tenero tipo 0, acqua, sale e olio extra vergine; si spiani la pasta, da cui si ricavano strisce cilindriche irregolari da tirare a mano su una spianatoia di legno e si spolveri con farina di mais o semola di grano duro, per fare in modo che i Pici non si appiccichino tra di loro. Prima della cottura (5 minuti in acqua salata bollente), si stendono su un panno di stoffa per essere di nuovo infarinati. Per ottenere un prodotto più al dente si poteva aggiungere un uovo per ogni chilo di farina.
Oggi, la ricetta moderna prevede l'uso di uova nell'impasto, ma un tempo i Pici, essendo un piatto povero tipico della tradizione contadina, venivano realizzati soltanto con acqua e farina.

(documentazione presa da qui
Goloso argomento, mi son detta! Adoro i pici, è un tipo di pasta che non mi stanca mai. Così ho deciso di partecipare e di provare una delle mie polveri magiche che da quando possiedo l'essiccatore mi diletto a sperimentare.
Fra la polvere di rapa rossa, di porro, di cavolo nero e di zucca non ho avuto dubbi e ho voluto provare a colorare e insaporire questi Pici deliziosi!



Volete sapere come è venuto? Mi spiace che non si possano sentire gli odori come i sapori del resto, ma la mia polvere di zucca ha mantenuto intatto e anzi accentuato il suo profumo, ha mantenuto il meraviglioso caldo colore arancione e anche il sapore. Miracolo dell'essiccatore!

Ed eccoli belli, come se avessero le migliori uova e invece il loro stupendo colore è stato dato solo dalla zucca.



I pici ottenuti da pochi e semplici ingredienti sono un tesoro della gastronomia Toscana. Fanno bene a mantenere tale tradizione ed esserne orgogliosi, al punto tale da scrivere tra le regole del Contest che gli ingredienti devono essere esclusivamente Toscani...cosa che vedo piuttosto complicata visto che il Contest è esteso a tutti i foodblogger italiani!

Non ho potuto, in ogni caso, rinunciare e li ho fatti lo stesso utilizzando ingredienti che si avvicinano molto alla regione Toscana come i funghi pioppini e la salsiccia.

Per i pici alla zucca
200 g di farina 0
100 g di farina di semola rimacinata
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
polvere di zucca essiccata
un pizzico di sale 
acqua q.b.

Per il condimento
400 g di funghi pioppini
1 salsiccia di prosciutto
aglio
peperoncino
olio extravergine

Disporre la farina a fontana sulla tavola, aggiungere al centro l'olio, il sale, la polvere di zucca e l'acqua. Impastare fino ad ottenere un impasto morbido ma sostenuto.
Lasciare riposare la pasta coperta da pellicola una mezzora.
Poi prendere pezzetti di impasto e con entrambe le mani arrotolarli sulla tavola partendo dal centro e sfregando spostando le mani verso l'esterno. In questo modo la pasta si allunga e si assottiglia. Insistere fino ad ottenere una misura più o meno come un bucatino. Cercate di farli sottili perchè questo tipo di pasta in cottura tendo ad inspessire.
Lasciarla asciugare facendo in modo che prenda aria.
Intanto preparare il condimento:
Spellare la salsiccia e sulla padella con poco olio extravergine schiacciarla mentre cuoce con una forchetta creando delle briciole.
Poi in altra padella cuocere i funghi con abbondante olio extravergine, aglio e peperoncino. Ho trovato dei bellissimi pioppini freschi che dopo aver mondato e sciacquato ho tagliato i gambi più lunghi a rondelle.
Quando la pasta sarà cotta scolare e mantecare nella padella dei funghi. Lasciare la pasta con il condimento un paio di minuti sul gas aggiungendo se occorre acqua della pasta.
Impiattare e cospargere di briciole di salsiccia e rametti di barbe di finocchio.


Con questa ricetta partecipo a TIPI DA PICI in collaborazione con l'AIFB e la Regione Toscana




Pollo con lemon gras e peperoncino verde per l'ABCedario Culinario Mondiale

$
0
0

Cari amici viaggiatori ci troviamo nientemeno che in Vietnam e siamo ospiti a casa della nostra ambasciatrice Sabrina del blog Les Madeleines di Proust . Sabry ci racconta la storia del Vietnam della guerra passata e del riscatto sociale attualmente in pieno sviluppo. Ma in questa sede io voglio parlarvi di altro...voglio parlarvi di oggi...
Dalla metà degli anni Ottanta, grazie al boom economico e al ritorno di molti vietnamiti in patria, incoraggiati dal governo a iniziare nuove attività, in Vietnam il numero di ristoranti è cresciuto moltissimo: si va dai locali più lussuosi ai tanti bar e chioschi, dove è possibile consumare un pasto veloce.
Esistono, innumerevoli corsi di preparazione al mestiere ma, sopratutto, un pò ovunque si percepisce la passione per la cucina. Gli ingredienti di alta qualità sono facilmente reperibili e, grazie alle diverse varietà di frutta e verdura coltivate, del riso e dei prodotti ittici disponibili, sono davvero poche le merci importate.
I ristoranti curano tutti gli aspetti dell'accoglienza, dall'atmosfera, spesso creata con una bottiglia di ottimo vino francese, alla eccellente qualità delle materie prime.
La moderna cucina vietnamita è un connubio tra vecchio e nuovo: ricette delle generazioni passate si intrecciano con piatti innovativi studiati per i consumatori locali sempre più esigenti e abituati a viaggiare. 
La lunghezza dei tempi di preparazione e cottura richiesti dalla cucina vietnamita, qualche volta rende la frequentazione dei ristoranti tipici un lusso, visto che oggi impera uno stile di vita frenetico. Per questo motivo, chef e insegnanti stanno studiando nuovi metodi che, pur preservando lo spirito originario della cucina, rendono la preparazione più semplice e veloce, anche quando si cucina a casa. Benchè questa tendenza alla semplificazione sia in aumento, rimane intatto il rispetto verso quei piatti della tradizione di Hue che richiedono il tempo maggiore.
La cucina vietnamita è basata principalmente su riso, pesce e verdure fresche.
L'olio si usa poco, tranne che per i fritti e le insalate sono condite appena.
I menù sono pieni di zuppe leggere e salutari, come la deliziosa canh chua thom ca loc e i dessert vanno dalla frutta fresca all'ottimo yogurt fatto in casa.
Spesso i piatti sono accompagnati da succo fresco di canna da zucchero.

Il piatto che vi propongo io è a base di pollo accompagnato dall'irrinunciabile riso al vapore
(ho cambiato alcune cose, preso da qui).


Pollo con lemon gras e peperoncino

500 g di pollo
5 cucchiai di olio di sesamo
1 spicchio di aglio tritato
1 cipollotto tritato
due bacchette di lemon gras
3 cucchiai di salsa di soia
2 cucchiai di salsa di ostriche
coriandolo fresco q.b.
coriandolo vietnamita q.b.
peperoncino verde 1
zucchero di canna un cucchiaio

Lemon gras
E' un'erba che ha lo stesso aroma e profumo del limone. La parte commestibile è quella interna, sopra le radici, che è tenera e umida. Per mondarla occorre eliminare gli strati esterni. Il bastoncino mondato va aggiunto intero (è meglio) o a pezzetti durante la cottura per aromatizzare la pietanza, ma non deve essere consumato.
(io l'ho mangiato e devo dire che non ho gradito moltissimo il suo sapore, mentre invece il suo aroma è delizioso)

Tagliare il pollo a striscioline ed io consiglierei le sopracosce disossate solo perchè il petto tende un pochino a rimanere stopposo. Prendere una wok e versare l'olio di sesamo, aggiungere l'aglio tritato finemente, il peperoncino tagliato a metà e la lemon gras. Fate saltare e dorare. Aggiungere la cipolla e lasciare sul gas un paio di minuti. Ora inserire il pollo e far cuocere mescolando sempre, quando il pollo sarà cotto unite la salsa di soia, la salsa di ostriche, lo zucchero. Mescolare bene facendo saltare e addensare la salsa. Guarnire il piatto con i due tipi di coriandolo.

Con questa ricetta partecipo all'Abbecedario Culinario Mondiale ideato da Aiuolik



Tarte di porri, formaggio di capra e affumicati

$
0
0


L'MTC n. 46 di marzo ci ha fatto conoscere, per chi non lo sapeva ancora, la pasta briseè con l'uovo di Michel Roux. Personalmente tendo sempre a semplificare a livello calorico ciò che faccio cercando di non snaturare mai il risultato finale e quindi per la briseè utilizzo l'olio extravergine e ovviamente senza uovo. Ottengo un risultato ottimo e abbatto le calorie, ma questa volta le regole dettate dalla nostra vincitrice del mese passato Elisa Baker del blog Cuocicucidici sono state chiare: la briseè di Michel Roux!!! Ovviamente abbiamo risposto con entusiasmo cercando di colpire la sua attenzione e giocando sul mix di farine e sui ripieni e credo che Elisa possa rimanere soddisfatta!
La mia Tarte di porri, formaggio di capra e affumicati con la ricetta di Michel Roux ha voluto solo cambiare qualità di farina e puntare su farina di grano Solina. 
Un'ottima farina abruzzese con note di leggera nocciola tostata che ha regalato a questa torta salata un colore ambrato e un sapore più deciso. 
La scelta su questa Tarte di porri, formaggio di capra e affumicati è stata "obbligatoria": come ho ripetuto più e più volte dopo tanti anni di lezioni con la Chef Necci Bertini e dopo aver fatto di tutto con lei non puoi non rimanerne influenzato e ogni volta che ti capita di sentire un piatto o una tecnica inevitabilmente la mente va su di lei e sui piatti preparati con lei, con passione ed originalità.
Ve lo dimostra questa Tarte di porri, formaggio di capra e affumicati che ho un pochino modificato ma solo in un paio di aspetti: la farina e l'aggiunta dei fiori che vista la stagione mi è sembrato doveroso!


Tarte di porri, formaggio di capra e affumicati 

Pasta brisée di Michel Roux

250 g di farina di grano Solina
150 g di burro, tagliato a pezzettini e leggermente ammorbidito
1 cucchiaino di sale
Un pizzico di zucchero
1 uovo
1 cucchiaio di latte freddo

Ripieno

4 porri
100 ml di vino bianco
1 uovo
200 g affumicati a scelta (o carne o pesce, io ho messo salmone e pesce spada)
200 g di formaggio di capra
Olio extravergine di oliva q.b.

Versate la farina a fontana sul piano di lavoro. Mettete al centro il burro, il sale, lo zucchero e l’uovo, poi mescolateli e lavorateli con la punta delle dita.
Incorporate piano piano la farina, lavorando delicatamente l’impasto finché assume una consistenza grumosa.
Aggiungete il latte e incorporatelo delicatamente con la punta delle dita finché l’impasto comincia  a stare insieme.
Formate una palla, avvolgetela nella pellicola e mettetela in frigo fino all'uso.
Pulire e tagliare i porri a rondelle e saltare in padella con olio extravergine. Appena finita la cottura deglassare con vino bianco e far ridurre. Condire con sale e pepe.
Stendere e tagliare un rettangolo di pasta brisée. Sistemare i porri al centro lasciando libero alcuni centimetri di bordo.
Spennellare la pasta con un uovo sbattuto e girare i bordi facendo due lembi. Cuocere in forno a 180°C per 15 minuti circa ma prima coprire la parte scoperta dei porri con carta argentata per mantenere morbido il ripieno. Sistemare sopra i porri, il formaggio di capra a forma di quenelle e adagiare le fette di affumicati in modo garbato. Decorare con barbe di finocchio, foglioline di insalatina e fiori biologici.


Con questa ricetta partecipo all'MTC n. 46







La torta di riso ligure per il tema del mese di marzo....MTC n. 46

$
0
0
Il tema di questo mese per l'MTC arrivata al numero 46 sono timballi, torte e pies d'Italia e dal mondo, tutto ciò che si compone in un guscio (brisèe, pasta per pie o per pasqualina, sfoglie al vino) che racchiude un ripieno, di qualsiasi tipo esso sia, dolce o salato, semplice o sontuoso. Beh, la lista era infinita...se pensiamo a quante cose buone si possono racchiudere in un guscio di pasta! La tradizione italiana e straniera ci insegna molto in merito e che sia di carne, di pesce, di verdura o dolce è sempre apprezzato come pasto unico o come degna presenza su un tavolo festoso. Le torte ripiene salate fanno poi parte di una grande tradizione proprio durante le feste comandate come il Natale o la Pasqua. Svuotafrigo e ricette elaborate e ricercate fanno sempre festa in tavola e sono un piacere prepararle. 
Per il tema del mese dell'MTC n. 46 la lista era così ricca da non sapere cosa scegliere e tra le prelibatezze rimaste senza una cuochina ho scelto la Torta di riso ligure. Se volete sapere la sua ricetta la potete trovare nella ricca dispensa dell'MTC!








Ciambella di Pasqua

$
0
0

Pasqua è la rinascita, Pasqua è la primavera, fiori ovunque, germogli, aria più dolce, tiepide giornate e in tutto ciò viene voglia di risvegliarsi dal torpore dell'inverno. Basta sciarpe, basta cappottoni....e in cucina? In cucina si preparano le prime verdure stagionali, la varietà aumenta e dai piatti confort food passiamo alle fresche insalate! Anche le foto sui blog di cucina assumono un aspetto diverso, aumentano i colori si preparano nuovi sfondi da apporre nei set...La festa della primavera per antonomasia è proprio la Pasqua che ci impone uno stile fresco e colorato, in tutti i suoi piatti che la caratterizzano e sono sopratutto i dolci come questa meravigliosa Ciambella di Pasqua, una ciambella lievitata decorata con crema cotta...Una vera bontà! La prima volta che ho assistito alla sua realizzazione eravamo ancora al vecchio ristorante "La Proposta" della mia chef Necci e averla riprosta ora mi ha fatto ricordare le giornate serene trascorse nel suo ristorante durante le sue lezioni. Perfetta nell'equilibrio tra gli ingredienti, una garanzia, veramente buona...


Ciambella di Pasqua

Ingredienti
Per il lievitino
Lievito di birra 10 g
Zucchero 1 cucchiaio
Latte tiepido 60 ml
Farina 2 cucchiai

Per l’impasto
Farina forte (un'ottima zero o Manitoba di qualità: io Mulino Marino) 500 g
Sale 1 cucchiaino
Zucchero 120 g
Scorza di mezzo limone e arancia 1 
Uova 2
Miele 1 cucchiaio
Burro 100 g
Latte q.b.

Crema pasticcera
250 ml latte
75 g Zucchero
30 g Farina
3 tuorli ( se deve essere + solida 2 rossi e 1 intero)

Preparazione

Fate il lievitino con gli ingredienti elencati. Lasciate lievitare coperto al caldo per mezzora.

Sistemate la farina a fontana e versate dentro gli ingredienti liquidi e il burro morbido. Aggiungete il lievitino e impastate, lavorando bene per ottenere un impasto morbido ma che non si attacchi alle mani. Regolate la consistenza con aggiunta di latte tiepido se serve.

Fate la palla coprite e far lievitare bene l’impasto coperto al caldo per circa 1 ora (io metto un pò di acqua calda nel lavandino della cucina e adagio dentro la ciotola coperta).

Preparate la crema pasticcera: Mettere uova farina e zucchero nel frullatore e frullate per un pò. Nel frattempo scaldate il latte fino a bollore. Gettate nel latte il contenuto del frullatore girate velocemente con frusta e rimettete un minuto sul gas appena per far riprendere il bollore. 
Fatta la crema! Lasciar raffreddare
Sgonfiate l’impasto e date una forma circolare appiattendo a circa 4 cm di spessore. Fatevi spazio al centro con le mani bucando la pasta ed infilate il tagliapasta tondo coperto di carta forno per allungarne l'altezza, questo è per non far richiudere il buco in cottura. Lasciate il tagliapasta foderato di carta forno al centro e rimettere a lievitare fino al raddoppio. 
Una volta lievitato ricoprite intorno con crema pasticcera a cucchiaiate ma con delicatezza.
Poi spennellate il tutto (crema compresa) di uovo sbattuto con un pennello.
Passate in forno già a 170°C per circa mezzora. Decorare a piacere con ovetti di cioccolata o di zucchero.

Crema Pasticcera


Umm'ali: al Cairo con l'ABcedario Mondiale

$
0
0

In questa tappa caldissima siamo ospiti di Terry del blog Crumpets & Co.Perchè caldissima? ma perchè siamo in Egitto e più precisamente a Il Cairo. Il nostro viaggio continua, senza soste e diventa sempre più interessante sempre più complicato: cucine lontane dalla nostra, ingredienti a volte introvabili e miscele improbabili ma sempre eccitante! Almeno a me mi mantiene sempre all'erta sempre recettiva e pronta a tutto.
Stavolta ho voluto fare un dolce perchè il Medio Oriente ha dolci caldi come la sua terra, pieni di frutta secca, mieli, zucchero, aromi profumati da acque di rosa o di arancio insomma calorie a mille ma buoni buoni da morire!
Questo mio dolce è l'Umm'ali o chiamato altresì Om ali preparato con pasta phillo ma preparato anche con altri tipi di pasta come la ru'a', una specie di creacker, o addirittura con il pane.


Umm'ali

500 ml di latte di cocco
150 g di zucchero di canna
150 g di pasta phillo
50 g di noci
50 g di noci pecan
50 g di nocciole tostate e spellate
50 g di fichi secchi
50 g di uvetta
2 cucchiai di acqua di rose (io di arancio)
2 cucchiai di amido di mais
2 cucchiai di cocco rapè

Scaldare il forno a 200°C. Ricoprire la placca con carta forno, adagiatevi 2 fogli di pasta phillo e cuoceteli per 2 minuti circa, togliendoli quando saranno croccanti. Cuocete allo stesso modo gli altri fogli di pasta phillo.
Tritate tutte le noci, nocciole con 2 cucchiai di zucchero in un cutter. Tagliuzzate l'uvetta e i fichi secchi e metteteli in una ciotola con la frutta secca tritata, aggiungete l'acqua di rose e il cocco. Sbriciolate molto fine la pasta phillo e mescolatela alla frutta secca.
Scaldate il forno di nuovo a 220°C. Bagnate la carta forno e strizzatela. Foderate una teglia rettangolare 26x18x5 cm deve rimanere un pò alto come dolce. Distribuite il composto all'interno della teglia e livellatelo grossolanamente lasciandolo morbido senza premere.
Fate scaldare il latte con lo zucchero restante fio a scioglierlo. Ora mescolate la fecola di mais stemperata con un cucchiaio di acqua fredda.
Versate il latte sugli ingredienti preparati nello stampo. Distribuire sulla superficie del dolce qualche fiocchetto di burro (io non l'ho messo) e cuocete in forno già caldo per circa 30 minuti o fino a quando sarà dorato in superficie.
Servite il dolce caldo o fatelo raffreddare e sformatelo, cosparso con lo zucchero a velo.

Con questa ricetta all'appuntamento mensile dell'Abbecedario Culinario Mondiale

Tamagoyaki e benvenuti a Kyoto per l'Abecedario Culinario Mondiale

$
0
0
Benvenuti in Giappone
日本へようこそ

Sono molto emozionata!  Questo mese tocca a me ospitarvi in una terra piena di fascino e mistero: ho scelto il Giappone perchè mi incuriosisce da sempre.
Mai stata, ahimè, ma sempre studiata, vista in tv, letta sui libri, sui siti...insomma vi confido un sogno, o meglio un desiderio nascosto: mi piacerebbe poter vivere li per un periodo ma sono sicura che me ne innamorerei e non tornerei più indietro!

Allora care amiche/i seguitemi, vi porterò tra le risaie, le casette di legno, gli aironi in mezzo alla città, i kimono e le lanterne di carta di riso....ma prima un po di storia...anzi..mi fermo qui perchè voi non avete idea di quanto sia complicata la storia giapponese! Mi sono inoltrata nelle sue epoche ed ere diverse dal nostro concetto occidentale e ho scoperto che dal Paleolitico ad oggi i periodi storici del Giappone sono carichi di nozioni...non me ne vogliate ma con tutto il rispetto per l'antico e solenne popolo, sarebbero fuorvianti...interessanti ma non consoni al nostro spirito culinario! 

Vi dico solo che Heisei (平成, "pace ovunque") è l'era corrente in Giappone. Il periodo Heisei è cominciato l'8 gennaio 1989 con l'ascesa al trono dell'Imperatore Akihito dopo la morte del padre Hirohito
Akihito, come ogni imperatore del Giappone, non viene mai chiamato per nome, ma sempre come Sua Maestà Imperiale (Tennō Heika). La sua era porta il nome di Heisei (平成) e come di consueto, dopo la sua morte, ci si riferirà all'imperatore Akihito come imperatore Heisei.

Le principali città del Giappone sono:
Tokio, Kyoto, Osaka, Hiroshima, Nikko, Yokohama

Io vi ospiterò a Kyoto

Che nel passato fu la capitale del paese per più di un millennio (precisamente dal 794 al 1868) e oggi è il capoluogo dell'omonima Prefettura. La città, nota anche come "la città dei mille templi", essendo stata quasi interamente risparmiata dalla seconda guerra mondiale, è considerata il più grande reliquiario della cultura giapponese, e per questo inserita nei siti protetti dall'UNESCO. È una sede universitaria di importanza nazionale e centro culturale di livello mondiale.


Si può giungere comodamente sia da Tokyo sia da Osaka in aereo, treno o autobus.
Una volta lì, girare per la città e i suoi dintorni è molto facile.
Molte sono infatti le linee ferroviarie, di autobus e della metropolitana oltre, naturalmente, agli autobus turistici e ai taxi che collegano praticamente tutti i più importanti siti d’interesse turistico. Kyoto si presenta bassa e compatta e molti dei suoi luoghi turistici sono a breve distanza l’uno dall'altro. È quindi anche una città facile da girare a piedi o in bicicletta.
Per cui su! Gambe in spalla e andiamo a conoscere la cultura culinaria nipponica!

La cucina giapponese, famosa e conosciuta in tutto il mondo per le sue antiche tradizioni, è considerata una delle più sane, complete ed equilibrate. Gran parte delle ricette giapponesi vengono preparate utilizzando due ingredienti fondamentali: il riso e il pesce, prevalentemente crudo, freschissimo (abbattuto a bassa temperatura) e di prima scelta.

Non a caso, nella tradizione culinaria nipponica troviamo tre elementi costanti:
la salute, la freschezza e la raffinatezza
Quest'ultimo aspetto non è affatto secondario, perché se analizziamo da vicino la composizione dei piatti, l'accostamento dei colori e l'unione degli ingredienti, ci accorgiamo facilmente di come ogni pietanza sia costruita secondo un ordine estetico, al fine di raggiungere non solo un risultato apprezzabile al gusto, ma anche alla vista.
Oltre all'uso del riso bianco e del pesce, dove spiccano soprattutto tonno e salmone, la cucina giapponese predilige anche l'utilizzo di alghe, verdure e salse dal sapore deciso e persistente, come quella di soia, o il wasabi, ottenuto dal ravanello giapponese.

Ma prima di andare avanti volevo farvi un piccolo glossario di prodotti e di piatti. Non è in ordine alfabetico, semplicemente perchè nelle descrizioni si citano altri prodotti che per continuità viene riportato subito sotto il significato.
(perdonate le imprecisioni e se devo correggere qualcosa fatemelo sapere)

Alghe: Nori, wakame, kombu, hijiki, agar agar o kanten 
Wasabi: una pasta, di colore verde e dal sapore particolarmente piccante, usata nella cucina giapponese e conosciuta con lo stesso nome della pianta: wasabia japonica, un ravanello giapponese
Mirin:è una sorta di sakè ottenuto da riso glutinoso cotto a vapore e liquore di riso (alcool al 14%) è un elemento culinario indispensabile per la cucina giapponese: è infatti l'elemento fondamentale per la marinatura e la cottura del teriyaki, per la preparazione dei brodi di base e per la salsa condimento dell'anguilla arrosto.
SakèIl sake è una bevanda alcolica tipicamente giapponese ottenuta dall'unione di alcol etilico con il liquido derivato dalla fermentazione del riso. Per questo motivo viene anche chiamato "vino di riso". Non è classificabile tra i distillati né tantomeno tra i fermentati oppure ancora tra i liquori, e costituisce una categoria a parte.
Teriyaki: Teri=lucido, splendente yaki=cotto al grill. è un condimento a base di soia, mirin, zucchero e altri ingredienti. Accompagna pietanze a base di anguilla e molti piatti giapponesi di carne e verdura. Può essere acquistata nei negozi specializzati o preparata facilmente a casa (si trova sul web).
Su: aceto di riso fondamentale per preparare il riso bianco glutinoso per sushi e sashimi
Garizenzero dolce sott'aceto. Si tratta di foglie di zenzero messo a macerare nell'aceto di riso. Dolce e piccante allo stesso tempo accompagna insieme alla salsa wasabi i rotolini di sushi e il sashimi.
Sushi:letteralmente significa riso con aceto,  sono i famosissimi rotolini di riso. Questa elegante e raffinata preparazione è sorprendentemente versatile e varia. Si può preparare con qualsiasi cosa pesce, carne, verdura, formaggio e uova. Tipi di sushi:


Sashimi:è un piatto della cucina giapponese che consiste in pesce o molluschi freschissimi, ma anche carne, tagliati a fettine sottilissime. Sono di solito mangiati crudi e serviti solo con salsa di soia o wasabi.
Gli ingredienti più popolari per il sashimi sono:
§  Sake: Salmone
§  いか Ika: Calamaro
§  えび Ebi: Gamberetto
§  まぐろ Maguro: Tonno
§  さば Saba:Sgombro
§  たこ Tako: Polpo
§  とろ Toro: Tonno grasso
Onigiri:  conosciuto come omusubi  è uno spuntino tipicamente giapponese, composto da una polpetta di riso bianco, con un cuore di salmone, tonno o altro, con l'aggiunta di vari condimenti possibili, come l'umeboshi, il sesamo, ecc. Di solito l'onigiri ha una forma triangolare, con una striscia di alga nori su un lato per poter essere afferrato comodamente: si tratta, infatti, di un cibo destinato spesso al consumo per strada. Si potrebbe considerare il simbolo della cucina giapponese ed esistono negozi specializzati chiamati onigiri-ya che vendono solo onigiri fatti a mano nelle diverse varianti.
Umeboshi: è un popolare condimento della cucina giapponese a base di prugne salate. Vengono utilizzate, abitualmente, le prugne giapponesi ovvero i frutti dell'albero Prunus mume arrivate a maturità. Il colore naturale è un bruno aranciato - dato dal contenuto in β-carotene - ; spesso tuttavia si preferisce colorare l'umeboshi per fargli assumere un più piacevole colore rosso. La colorazione viene effettuata mediante le foglie di shiso, una pianta aromatica, molto ricca in antociani. L'umeboshi ha un gusto accentuato acido e salato dato principalmente dalla macerazione delle prugne nel sale.
Dashi: è un brodo di pesce che si può fare sia naturalmente bollendo alghe e pesce sia utilizzando una polvere già pronta. E’ l’equivalente del nostro dado. Viene utilizzato in tantissimi piatti.
Shiitake: (Lentinula edodes) Il fungo più famoso che si usa nella cucina giapponese ha un sapore forte. Lo possiamo acquistare essiccato e si fa rinvenire come i nostri porcini secchi.
Tempura: una frittura di verdure o pesce realizzata con una pastella leggera a base di farina di riso e acqua gelata
Soba: (significa grano saraceno) Si intendono sottili tagliatelle (spaghettini) di grano saraceno, solitamente cotte e servite con varie guarnizioni e condimenti di verdure, pesce o carne.
Yakisoba: spaghetti saltati sulla piastra o semplicemente in padella quando si preparano a casa. Sono un perfetto svuotafrigo.
Tonkatsu Sauce:  salsa per Yakisoba. Facilmente riproducibile a casa composta da ketchup, worcestershire sauce, zucchero di canna, mirin, zenzero, aglio e sakè o brodo di pollo.
Ramen:è un tipico piatto giapponese (ma di origini cinesi) a base di tagliatelle di tipo cinese di frumento, servite in brodo di carne o di pesce insaporito con salsa di soia o miso
Miso: Il miso è un condimento derivato dai semi della soia gialla, di origine giapponese, cui spesso vengono aggiunti cereali come orzo o riso, segale, grano saraceno o miglio. Il miso di sola soia è detto Hacho Miso. È diffuso in tutto l'estremo Oriente, soprattutto in Corea e Giappone. Ricco di proteine, vitamine e minerali, i semi della soia vengono ammollati e quindi cotti. Successivamente vi si aggiunge l'orzo o il riso, cotti e inseminati di un tipo particolare di fungo, l'Aspergillus oryzae. Questo è in grado di intaccare gli amidi dei cereali e di trasformarli in zuccheri più semplici.
Ha un gusto molto deciso e molto salato, e viene usato per condire ed insaporire zuppe, salse, marinate, paté e biscotti. Esso compare infatti in molte ricette della tradizione giapponese, tra cui la più comune è la zuppa di miso, consumata giornalmente da milioni di giapponesi.Viene inoltre utilizzato in molte altre zuppe, come il ramen o la zuppa di udon. Spesso queste zuppe nel loro nome riportano la parola miso come prefisso (miso-udon, per esempio). Alimento di sola origine vegetale, contiene tutte le proteine nobili in buona quantità, il che lo rende un alimento utile a integrare una dieta che si voglia rendere più completa. È inoltre ricco di enzimi, simili a quelli dello yogurt, e migliora la flora batterica simbionte, venendo in aiuto nei disturbi intestinali. Con i suoi 3200 milligrammi di sodio per 100 grammi, può essere sconsigliato agli ipertesi.

Udon: sono una varietà di noodles preparati con farina integrale di grano, tipici della cucina giapponese. Serviti solitamente come zuppa di noodle in brodo caldo, possono essere cucinati in diverse maniere, utilizzando diversi tipi di brodo ed accompagnandoli con diversi tipi di contorni aggiunti alla zuppa.
Noodles: I Noodles sono un tipo di pasta molto antico tipico della cucina asiatica, soprattutto cinese. Vengono ricavati da un impasto di farina di qualsiasi tipo, acqua e/o uova. Hanno forma allungata, simile ai nostri vermicelli, dallo spessore più o meno sottile in base alla cultura di provenienza. Esistono varie tipologie di noodles e tantissime preparazioni a base carne e verdure ma la maggior parte sono fatti con la farina, il riso, il grano saraceno o il fagiolo mungo tipico coreano. In altre zone si trovano anche di granoturco e alghe. Sintetizzando si possono dividere in tre grandi gruppi: i noodles giapponesi bianchi e salati, i noodles cantonesi di colore giallo ed i noodles istantanei. In commercio li si trova freschi o essiccati.
Gyoza: sono un tipo di fagottini (in Italia chiamati ravioli) molto popolare in Giappone. Ripieni di carne e/o verdura sono avvolti da una sottile pasta (composta di solito da farina di riso e acqua calda) sigillata con la pressione delle dita. Si consumano dopo immersione in salsa di soia. Hanno una pasta un poco più spessa dei wanton cinesi.
Takuan: uno degli ingredienti più usati nella cucina giapponese usato nella preparazione di molti piatti. Trattasi di un ravanello in salamoia che si chiama Daikon che significa "grande radice". I suoi enzimi agevolano la digestione degli amidi contenuti nel riso e nella pasta.
Okonomiyaki: piatto ottimo. Yaki=ricorre spesso nella cucina giapponese e vuol dire più o meno "grigliato", mentre il resto della parola sta per ="cucina ciò che vuoi". In effetti in questo piatto ci può finire un pò di tutto, dai gamberi alla pancetta, dal pollo, al polpo, il manzo, il salmone e chi più ne ha più ne metta. Lo definiscono anche "la pizza giapponese" anche se non c'è traccia di impasti lievitati! Insomma si può condire con ciò che si vuole.
Korokkè: sono delle crocchette di patate, non è un piatto tradizionalissimo in Giappone, forse prese in prestito dalla cucina francese ma le trovate ovunque. Migliori delle nostre crocchette a causa di una speciale panatura che usano i giapponesi. Non si tratta di semplice pangrattato ma di panko! E questa semplice variante cambia tutto! Il ripieno è di carne e patate ed è morbidissimo metre la crosta, grazie al panko, è croccantissima e di una leggerezza impensabile!
Panko: una specie di pangragrattato ottenuto da scaglie di pane tipo tramezzino essiccato.

Ovviamente questo non è tutto ma vi dà un'infarinata sui prodotti più importanti e i piatti più caratteristici. 
Le notizie riportate sono frutto di studio in rete su alcuni siti e su Wikipedia.

Nel mio peregrinare per siti e notizie relative alla cucina giapponese ho scoperto, grazie allo chef giapponese Yoji Tokujoshi che in Giappone non si mangia sushi tutti i giorni. La cucina giapponese è composta principalmente da verdura, pollo, pesce cotto, tofu e tanto altro ancora. Il sushi deve essere di ottima qualità, fatto con pesce freschissimo, che quasi ancora si muove. Poiché è molto caro, i giapponesi più fortunati mangiano sushi un paio di volte al mese, principalmente in occasioni importanti e soprattutto quando il pesce di stagione è abbondante e gustoso. Il sushi di salmone è uno dei meno pregiati, si trova a prezzi abbordabili nei convenient store ed è consumato poco. Al ristorante i gourmet prediligono sushi di pesce stagionale secondo il maestro di sushi, per esempio capesante, granchio, conchiglie di vario tipo!

Un pò come pensare che noi italiani mangiamo pizza tutti i giorni e suoniamo il mandolino!!!!


Altra notizia preziosissima che lo chef Tokujoshi regala è che il wasabi, da noi conosciuto come la piccantissima e lacrimogena salsa non è altro che polvere di senape e rafano colorato, che mischiata con acqua diventa la pasta a noi familiare. Il vero wasabiè una pregiata e costosa radice verde pallida che cresce nelle acque fredde dei fiumi vicino alle montagne ed è grattugiato al momento per accompagnare il prelibato sushi, poiché il prodotto perde sapore a contatto con l’ossigeno nel giro di 20 minuti. Il sapore non è molto piccante, è invece delicato e profumato e non fa venir voglia di starnutire in continuazione come il finto wasabi.


Vi propongo un piatto semplice, ma ricco di sapore

Tamagoyaki sushi


Cottura del riso

Per 4 persone 

400 gr. di riso, 500 gr. di acqua, 3 cucchiai di zucchero, 5 cucchiai di aceto di riso o di mele e 2 cucchiaini di sale.
La prima volta il riso va sciacquato e non toccato con le mani. Poi si scola. 
La seconda volta si sciacqua e si tocca per mandar via l’amido. Poi si scola e si ripete questa operazione più volte fin tanto che l’acqua risulterà limpida. Si mette ora in pentola con l’acqua e si fa andare a fuoco vivace con coperchio fin quando non bolle (per cui ogni tanto occhieggiate). Poi si abbassa la fiamma e si lascia per 15 m. senza mai aprire. 
Nel frattempo si prepara uno sciroppo con l’aceto, il sale e lo zucchero si scalda sul gas fino a completo scioglimento dello zucchero. Finiti i 15 m. si fa andare 5 secondi a fuoco alto e poi si spegne e si lascia così per altri 15 m. 
A questo punto si deve far raffreddare il riso per cui si trasferirà in una ciotola con il condimento e con un ventaglio si cercherà di farlo raffreddare così il riso rimarrà lucido. 
Quando sarà tiepido sarà pronto per essere usato.

Riso per sushi
Il riso usato è la qualità Japonica*. Il requisito essenziale è la coesione dei chicchi. Da noi si può ovviare con il riso “originario”, altrimenti nei negozi asiatici si trova il riso per sushi.

*Le varietà Japonica

Sono di casa nell'Asia orientale, negli stati arabi, nella zona mediterranea, in America del Sud, in California e in Australia. I gruppi varietali Japonica presentano chicchi corti, da ovali a tondeggianti. Durante la cottura assorbono molto liquido e si gonfiano, diventando leggermente appiccicosi, per cui sono particolarmente adatti per pietanze a base di riso quali minestre, sformati, riso al latte, risotti, dessert ecc. Per la loro collosità sono anche più facili da mangiare con i bastoncini tipici della tradizione orientale.


Omelette arrotolata
6 uova
1 cucchiaino di zucchero
2 cucchiaini di mirin*
1 cucchiaino di salsa di soia
1-2 cucchiaini di  olio di sesamo
*Mirin (è una specie di sakè dolce giapponese da cucina)

Sbattete delicatamente le uova con lo zucchero, il mirin, la salsa di soia e il sale facendo attenzione a non creare bolle di aria.

Fate scaldare la padella ungendola di olio si sesamo versate un colino di uova e creare un'omelette. Proseguite fino a l'esaurimento delle uova.

Tagliate l'alga nori in striscette larghe 1 cm e lunghe 7,5 cm.
Preparare i bocconcini di riso a mano cercando di dargli una forma rettangolare.
Adagiare sopra ad ogni boccone una fetta di omelette arrotolata.
Avvolgere con l'alga nori fissandone l'estremità sotto il riso.
Servire con salsa di soia, zenzero sottaceto e wasabi.

E ora....


Volete sapere come trascorrere un anno intero a Kyoto? Le ricorrenze più famose:

Higashiyama Hanatōro (la via delle lanterne floreali)

Quando a marzo inizia la stagione turistica di primavera, a Higashiyama - una delle più note località turistiche di Kyoto - si può assistere alla speciale festa di luci chiamata Higashiyama Hanatōro, ove centinaia di file di lanterne di bambù e ceramica (andon) sottolineano le stradine notturne e i boschi di bambù illuminando il percorso sino a creare una magica e quasi surreale atmosfera. Eventi analoghi si tengono anche nei templi vicini.
Questa festa offre però altre attrattive quali un’esposizione d’Ikebana, l’arte tradizionale della composizione floreale giapponese, un piccolo concerto per chitarre e flauti shaku-hachi e alcune danze di geisha.

Miyako Odori
Le geiko, o geisha, e le maiko, le apprendiste geisha, si esibiscono tuttora nelle tradizionali danze annuali nel periodo di picco della fioritura dei ciliegi, in aprile. Le più popolari tra queste danze sono le Miyako Ōdori, in particolare la “Danza della fioritura dei ciliegi” e la “Danza della vecchia capitale”. Visitatori da tutto il Giappone ma anche da altri paesi del mondo si accalcano per assistere a questo evento di straordinario significato per la tradizione di Kyoto. A proposito, le geisha del quartiere Gion preferiscono farsi chiamare geiko, che significa “donna esperta nella danza e nella musica”.

Hanami (osservazione dei fiori di ciliegio)

Dalla fine di marzo all'inizio di aprile, quando i fiori di ciliegio sono in piena fioritura in tutta Kyoto, le persone si riuniscono nei parchi secondo una tradizione giapponese nota come "Hanami", o osservazione dei fiori di ciliegio.

Al Parco Maruyama i festaioli mangiano, bevono sake e birra e cantano sotto gli splendidi fiori di ciliegio. L'atmosfera è sempre festosa.
All’Hirano-jinja Shrine, vicino al Kitano-tenmangu Shrine, ci sono centinaia di alberi di ciliegio ed è particolarmente popolare per le persone che si riuniscono qui ammirare i fiori di ciliegio, mangiare, bere e festeggiare fino a tarda notte.
Le rive del fiume Kamo-gawa, che attraversa il centro di Kyoto, sono splendidamente colorate dai fiori di ciliegio. La via Nakaragi-no-michi, tra Kitayama e Kita-oji, è famosa per avere i fiori più belli di tutta Kyoto.
Siti famosi di ciliegi in fiore sono anche la via Tetsugaku-no-michi e la zona intorno al Heian-jingu Shrine. Inutile dire che vale la pena di visitare anche il tempio di Ninna-ji "Omuro-no-sakura" (gruppo di ciliegi in fiore).

Foglie d’autunno
Nel passaggio dall’estate all’autunno gli alberi si preparano ad affrontare i mesi invernali. È un fenomeno naturale avvertibile innanzi tutto dalla differenza tra le temperature diurne e quelle notturne e, ancor più chiaramente, dal cambio in giallo e rosso del colore del fogliame. Il più spettacolare esempio di questa transizione stagionale sono, appunto, gli aceri. Il Giappone ne è pieno e in ogni angolo del paese la gente si prepara sempre con grande eccitazione a questo straordinario fenomeno.

Novembre è il periodo migliore dell’anno per ammirare gli aceri rosso vivo di Kyoto. E, proprio come durante la fioritura dei ciliegi in primavera, è un altro dei periodi di alta stagione in cui la città è invasa da turisti di ogni provenienza.

I luoghi migliori per vedere gli aceri sono il tempio Tōfuku e le zone di Takao, Arashiyama, Ohara e Higashiyama, ma ve ne sono molti altri ancora.
Colore e tono variano però di anno in anno secondo la quantità di pioggia e, soprattutto, la temperatura atmosferica. Maggiore è la differenza di temperatura tra giorno e notte, infatti, i rossi e i gialli si fanno più intensi. Proprio a causa della maggior differenza termica, le foglie degli aceri di montagna assumono una particolare bellezza.
Kyoto è un paradiso anche per questo. In genere le si può ammirare dalla fine di ottobre sino a circa il 10 dicembre, anche se a causa del recente riscaldamento dell’atmosfera il cambio di colore sta avvenendo tendenzialmente più tardi.

Jyoya no Kane (Vigilia di Capodanno - Omisoka)

Verso la mezzanotte della vigilia di Capodanno, tutti i templi fanno suonare le loro grandi campane di bronzo 108 volte, secondo una tradizione chiamata “Joya-no-kane”.

Perché 108 volte? Nel Buddismo, si dice che gli esseri umani hanno 108 desideri terreni che sono all’origine di tutte le sofferenze, e ogni rintocco della campana aiuta le persone a liberarsi di uno di questi desideri. 
Eliminando il vecchio e adottando il nuovo, si perde ogni desiderio terreno, così il Nuovo Anno può iniziare con una mente pura. Il rintocco finale risuona subito dopo la mezzanotte.




Yakisoba

Ingredienti per due persone:

Una confezione di noodle la mia è di 227 gr
carote 2
cipolla mezza o meglio 2-3 cipollotti col ciuffo
verza o cavolo cinese affettato sottilmente due manciate
funghi 4 tagliati a fettine
peperone verde 1 o qualche friggitello se li trovate belli come i miei
olio di soia e un goccio di olio di sesamo per saltare i noodles

salsa per yakisoba
ketchup una tazzina
worcestershire un cucchiaio
mirin o sake o se proprio non avete nulla di tutto ciò, grappa
un cucchiaino di zucchero di canna
una grattata di zenzero fresco
mezzo spicchio di aglio grattato

Affettate sottilmente tutte le verdure (mi raccomando la precisione, le verdure devono essere tutte uguali nel taglio). Mettere sul gas una pentola con l'acqua e sale per cuocere i noodles. Scaldate l'olio di soia e un goccio di olio di sesamo (al contatto col calore sprigiona un gradevole profumo di nocciole) in una wok o una larga padella e gettate le verdure tagliate. Fatele saltare ma ....lasciatele croccanti!. Togliere le verdure e liberare la wok per saltare gli spaghetti che nel frattempo avrete cotto anche loro al dente. Versateli, dopo scolati, in padella con l'olio caldo e fateli soffriggere un minuto poi aggiungete la salsa che avrete già preparato mescolando insieme tutti gli ingredienti elencati, e mantecateli pochi secondi, poi aggiungete le verdure saltate e mescolate con cura scuotendo la padella, se occorre aggiungete un poco di acqua di cottura della pasta. Tutto ciò a fiamma alta. Versate nei piatti distribuite sopra una grattata di zenzero fresco, decorate con le verdure e servite caldi....subito, subito! 



Mama frites e lo show cooking de l'Oste a Borgo Pio

$
0
0

Quando la caparbietà, la forza di volontà e la voglia di normalità ti fanno studiare e ricercare per trovare la formula magica per salvaguardare gusto e salute, nasce Mama frites! Un locale gluten free dove finalmente anche chi ha questa problematica, grazie a Marcella Navarro, può gustare in tutta libertà un bel fritto napoletano concedendosi cuoppi di mare e di terra, stracotti di pollo e patatine, filetti di baccalà, frittate di pasta, calzoncini e pizzette fritte, crocchè, suppli, risotti e anche dolci tipici, sempre fritti come le graffette, bombette e scugnizielli. Ci sono voluti anni di prove e di lavoro con un tecnologo prima di trovare la formula giusta. La sua miscela comprende solo farine naturali, completamente prive di glutine come la farina di mais o di riso e con lievito madre creato appositamente con farine prive di glutine. 

Due sono i punti vendita uno a due passi del Vaticano, a Borgo Pio e da marzo 2015 in Vicolo de' Cinque a Trastevere con panini cucinati sulla piastra, le lasagne street food e frullati di frutta e verdura. Il menù comprende anche birre artigianali gluten free e una discreta selezione di vini.

Nella sede di Borgo Pio Mama Frites ha ospitato un simpatico show cooking con lo Chef Massimo Pulicati, proprietario del ristorante l'Oste della Bon'ora a Grottaferrata. Chef Pulicati ha portato due delle sue specialità, sempre attento al mondo delle intolleranze: il Carcotto e la Crema Maria Luisa. Il Carcotto è un carpaccio di punta di petto cotto a bagno maria per 5-6 ore e aromatizzato. Paragonarlo alla porchetta direi che è quasi riduttivo (perdonatemi ma non sono una grande estimatrice della porchetta!!) perchè il Carcotto è deliziosamente delicato, morbidissimo, salato e speziato al punto giusto. 
Godi nell'addentarlo e l'accoppiata con lo specialissimo pane gluten free prodotto con farina deglutinata, farina di mais e alta percentuale di acqua è stato un tripudio. Non dimenticherò facilmente quel pane!


La seconda dimostrazione dello show cooking è stata la Crema Maria Luisa sapientemente descritta dalla storica collaboratrice dello Chef Pulicati la simpaticissima Martina Orti.

Ottime le bombette sempre gluten free e realizzate secondo ricetta napoletana che chiede patate nell'impasto in quantità maggiore rispetto alla farina! Con la crema, preparata con ingredienti di prima qualità e amido di mais ne fanno una golosità per chiunque: intolleranti e non!

Questa la dimostrazione che l'alimentazione senza glutine può essere di gusto e ricercata, sfatando il luogo comune che vuole limitazioni da ogni dove. Un'idea di cibo sano per tutti!

Grazie all'ufficio stampa 

Viewing all 221 articles
Browse latest View live